martedì 28 gennaio 2014

L'Italiano, questo sconosciuto.

L'Italiano, questo sconosciuto - una piccola introduzione.


Negli ultimi anni l'industria del libro ha subito dei cambiamenti radicali non solo dal punto di vista quantitativo (organizzativo, distributivo e commerciale), ma anche da quello qualitativo. La proliferazione delle case editrici a pagamento, disposte a pubblicare praticamente qualsiasi cosa, e la diffusione del self-publishing poi hanno radicalmente cambiato le modalità di accesso al mondo dalle carta stampata. Al giorno d'oggi, praticamente chiunque può veder facilmente pubblicato un suo libro, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che ciò comporta sia per gli autori, che per i distributori, per le case editrici e, last but not least, per i lettori. Come conseguenze di questa grande apertura del mercato si sono avute un aumento esponenziale dei titoli in commercio e un abbassamento della qualità media degli stessi. A tale fenomeno non si è sottratta l'Italia dove, come si usa dire (per molti versi a ragion veduta) ci sono più scrittori che lettori.





Le motivazioni del calo della qualità sono molteplici: dalla ricerca del massimo contenimento delle spese alla politica editoriale di molte case editrici, dall'impreparazione di molti autori (intesa proprio nel senso della non conoscenza e non coscienza del "processo produttivo" di un libro di qualità) alla mancanza di cura e di editing sui testi, dalle diverse motivazioni che spingono un autore a pubblicare (soddisfazione personale, ecc.) alla scarsa considerazione dell'utente finale (in questo caso, il lettore). Molti di questi aspetti riguardano più "l'editoria" che lo scrivere, ed infatti di alcuni di questi parleremo prossimamente proprio nella pagina ad essa dedicata.

Nei post che troverete in questa sezione parleremo invece degli aspetti legati alla composizione del testo scritto, ragionando sia sull'importanza dei contenuti che su quella della forma. Devo subito dire che l'aspetto più preoccupante ed evidente in molte pubblicazioni che mi è capitato di avere sottomano ultimamente è la scarsa conoscenza dell'italiano e dei suoi costrutti da parte di molti nuovi autori. Questo è molto più evidente nelle opere auto-pubblicate, ma non mancano gli esempi anche tra i testi pubblicati da case editrici anche molto blasonate. Certo, la maggior incidenza degli errori nei libri degli autori indie può essere imputata anche alla qualità inferiore dell'editing a cui essi sono stati sottoposti, vuoi per una ragione di costi, vuoi per una questione di scarsa abitudine/attitudine da parte dell'autore (che in questi casi è al 90% anche l'editor). Ciò non toglie che vi sono degli errori ricorrenti e spesso tipici della parlata quotidiana e spiccia che viene usata senza essere mediata da una riflessione sulla sua correttezza formale e quindi sulla sua coerenza con le regole della lingua scritta (e, se vogliamo, letteraria).

Gli effetti dell'uso scorretto o "maccheronico" della lingua sono la difficoltà di lettura, la perdita del ritmo e del senso del testo (cosa che normalmente genera nel lettore un senso di fastidio più o meno marcato, ma sempre controproducente) con, spesso, la diminuzione dell'interesse nel finire il libro. L'utilizzo di espressioni scorrette ma comunemente in uso in un dato ambiente a livello di parlato, a meno che non abbia motivazione strettamente legate alla natura della storia raccontata, provoca anche un'inevitabile accorciamento della longevità del libro: stante la grande velocità di mutamento dei gerghi e delle forme idiomatiche "generazionali", già qualche anno dopo la pubblicazione il testo potrebbe "puzzare di vecchio" e risultare incomprensibile o sgradevole.

Nei prossimi post non parlerò della qualità delle storie o degli errori "meccanici" che spesso capita di trovare (errori grammaticali, lettere mancanti o invertite, ecc.), chiaramente frutto di sviste o errori di battitura sfuggiti magari in fase di revisione, né di quelli "veniali" (l'uso delle "d" eufoniche, ecc.); cercherò invece di esaminare quelli che a mio avviso sono le mancanze più gravi, come ad esempio l'uso casuale della punteggiatura (aspetto che influenza la lettura e quindi la percezione del testo), l'uso di termini impropri, incoerenti e fuori contesto (se la storia è ambientata in un'officina i miei personaggi non potranno certo usare la terminologia tipica dei dentisti), l'uso delle secondarie e soprattutto l'uso dei verbi e dei tempi verbali. Quella che i latini chiamavano consecutio temporum è infatti uno degli aspetti più trascurati e sottovalutati in assoluto. In futuro cercherò di parlare anche di elementi compositivi più generali, come la questione dei punti di vista, della gestione delle informazioni, ecc.

Con questi miei piccoli post non mi propongo certo di ergermi a giudice assoluto o a maestro di lingua, ma voglio piuttosto analizzare degli aspetti formali che ritengo critici in un testo (perché se il concetto è importante, nel caso dei libri la forma in cui lo si esprime non è certamente un aspetto secondario... vi è mai capitato tra le mani un libro famosissimo e notoriamente bellissimo, scritto però in modo tale che alla seconda parte l'avete accantonato, con buona pace della qualità e dell'originalità del testo? A me sì, e anche se ne ho poi letto qualche riassunto e quindi so di cosa parla, le speranze che lo riprenda in mano in futuro sono molto prossime allo zero). Se vorrete partecipare, ne discuteremo un po' insieme. Alla fine, spero, ne verrà fuori qualcosa di utile.

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