martedì 21 gennaio 2014

Il Cerchio

Il Cerchio

Data di pubblicazione: settembre 2012
Lunghezza: 16.460 parole
ISBN (Smashwords): 978-14-761-97203

Questo romanzo a tema racconta le osservazioni di un addetto alla sorveglianza notturna della stazione della metropolitana di una grande città, soprannominata appunto "Il Cerchio". Dalla sua postazione di controllo, attraverso gli occhi delle telecamere, mentre vigila sulla sicurezza dei passeggeri ha la possibilità di rubare dei frammenti di vita di alcuni di loro, prendendone parte da lontano. Il filo conduttore del romanzo, costituito dalle osservazioni del sorvegliante, si snoda tra i vari capitoli che si configurano come dei brevi racconti sviluppati attorno al tema del cerchio.

Da questo romanzo breve è stato poi tratto un spin-off intitolato "LA DISCESA".

Potete trovare questo racconto su SmashwordsAmazoninMondadoriiTunes di Apple e molti altri store on-line. Potete trovare informazioni su tutti i libri di Francesca sul sito La Casa di Francesca.

Nel seguito del post potete leggere l'inizio del racconto. Buona lettura!




Il Cerchio

Il suo orologio digitale segnava appena le 5:45 del mattino ma lui era già sveglio da quasi un'ora. Il vagone della metropolitana sul quale stava viaggiando lo stava velocemente accompagnato sul luogo di lavoro. Era un semplice addetto alla sicurezza della metropolitana stessa: il suo compito era quello di osservare attraverso diversi monitor le immagini catturate dalle numerose telecamere a circuito chiuso posizionate lungo tutta la rete di trasporti che si intersecava nel sottosuolo della città.
Alcune di queste telecamere erano collocate a livello del piano stradale, per inquadrare alcuni degli ingressi che dalla superficie scendevano ad uno dei tre livelli sotterranei nei quali era organizzata la metropolitana. Altre erano sistemate nelle gallerie attraverso le quali scorreva il traffico suburbano: erano state attivate soprattutto per una questione di sicurezza per gli operai che avevano accesso ai binari e per controllare i punti meno accessibili in caso di uno sfortunato incidente. Ma le telecamere più numerose erano puntate verso i punti nevralgici dell'intera struttura: le stazioni.
La più controllata era la fermata del Duomo. Era anche la più grande e, soprattutto, la più trafficata. Tutte e tre le linee di trasporto si intersecavano proprio in quel punto, anche se a tre livelli diversi.
La Linea 1 (verde) era quella costruita più vicina alla superficie, le sue vetture correvano da ovest verso est per poi cambiare direzione proprio a livello della stazione del Duomo, salendo direttamente verso la zona nord della città.
La Linea 2 (blu) aveva i binari al secondo piano interrato. Anche questa formava una "L" invertita e rovesciata rispetto alla Linea 1: prima saliva da sud a nord e poi ripiegava verso est. Incontrava la Linea verde in due punti: la stazione vicina al Museo e il Duomo.
Infine la Linea tre (gialla) i cui binari scorrevano a livello -3. Tagliava come una linea obliqua la città, scendendo da nord-ovest fino a sud-est e passando naturalmente per il cuore della metropoli ed attraversando la  stazione più centrale.
Quello non era il lavoro migliore al quale poteva ambire e certamente non era il primo della lista tra le sue preferenze, ma era quello che aveva trovato. Passava otto ore al giorno di fronte ad una decina di video che proiettavano solo immagini in bianco e nero: l'inquadratura era statica ed il mondo che riusciva ad inscatolare era davvero piccolo, ma in quella ristretta porzione di spazio definita dai pixel transitavano diversi universi.
Attraverso le telecamere poteva osservare gli uomini d'affari che si avviavano al lavoro con passo frenetico e con l'orecchio già collegato con l'ufficio tramite l'auricolare del telefonino, i ragazzi che andavano a scuola, le donne che si recavano in centro, i turisti sempre muniti di mappa della metropolitana.
Oppure scopriva i borseggi ed i piccoli illeciti che il sottosuolo prometteva di nascondere agli occhi della città ma che venivano traditi dalle telecamere nascoste.
Lui era sempre collegato con gli uomini e le donne del servizio d'ordine che pattugliavano atri e gallerie: gli bastava comunicare con uno di loro per indirizzarli verso quella o quell'altra zona dove era necessario un intervento. Lui era l'occhio che vedeva l'obbiettivo e loro il braccio che lo raggiungeva. Ovviamente non era tutto così semplice.

"Ciao, sono contento di vederti! L'ultima ora del turno non voleva più passare."
"Invece alla fine sono venuto a salvarti e a darti il cambio. E' finalmente giunta per te l'ora di tornare a casa."
L'uomo di mezza età si alzò dalla sedia che l'azienda aveva concordato insieme ai rappresentanti sindacali: era stata giudicata "soddisfacente a garantire la corretta postura per i lavoratori che dovevano trascorrere le otto ore quotidiane seduti di fronte ai video di controllo", ma tutti i lavoratori erano concordi nel reputare che dopo otto ore qualsiasi sedia, per quanto omologata ed approvata, risultava dannosa e dolorosa.
Staccò il jack che collegava il proprio auricolare alla consolle principale e lasciò il posto al collega appena arrivato.
"Come sta il mondo in superficie?"
"Bagnato! Saranno almeno tre ore che sta diluviando e non sembra voglia smettere."
"Accidenti! E io non ho l'ombrello." continuava a trafficare con la borsa che l'azienda forniva a tutti i suoi dipendenti, ed intanto con la mente era già arrivato a casa.
"Hai nulla da segnalarmi?", aveva già indossato l'auricolare personale dotato di microfono e giocherellava con il cavo mentre parlava al collega già pronto per andarsene.
"No! Nulla! Pare tutto tranquillo oggi." Il saluto che gli rivolse in seguito rimase chiuso fuori dalla stanza perché l'uomo si era  frettolosamente diretto verso i binari per non perdere il treno delle 6:10.

La sala era vuota. Lui era solo di fronte ai video distesi sull'intera parete che accendevano una cupa luce grigia su ogni oggetto racchiuso nel piccolo antro. Non c'erano altre fonti luminose ad eccezione di una piccola lampada che illuminava il piano di controllo. Non si udivano rumori, solo il vibrante scorrere della corrente elettrica attraverso gli apparecchi ad essa collegati. Alla sua destra ed alla sua sinistra c'erano altre stanze uguali a quella e dentro vi lavoravano altri uomini che facevano il suo stesso lavoro: ognuno doveva controllare un diverso settore della metropolitana. A lui era assegnata la zona circostante la Stazione Duomo.
Collegò il jack alla presa della consolle. Una voce digitale lo avvertì, come sempre quando compiva questa operazione, che tutti i sistemi erano operativi e che le linee di comunicazione con i vari livelli erano aperte. Se non si metteva in contatto con gli uomini presenti nelle varie stazioni non avrebbe udito altro per tutto il resto del turno.
Ognuno dei video che aveva di fronte a sé era collegato ad almeno una decina di telecamere e lui poteva decidere quali accendere e in che ordine. La mattina era appena incominciata ma facendo scorrere le inquadrature sugli schermi si accorse che, come tutti i giorni lavorativi, ogni angolo della stazione era già stato invaso da una moltitudine di viaggiatori. Le banchine che ricevevano chi giungeva alla stazione centrale della rete erano gremite di gente che si avviava al lavoro e quelle che accoglievano chi si apprestava a raggiungere in metropolitana le zone più periferiche della città erano sature di persone che, per lo stesso motivo, si muovevano nella direzione opposta.
Lui poteva captare le immagini registrate dalle telecamere ma non i suoni perché non c'erano microfoni: ogni giorno guardava quello strano film muto sempre simile a quello del giorno precedente, ma ogni volta diverso da quello successivo.

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