venerdì 21 marzo 2014

L’uso dei tempi nella narrativa 1

L’uso del passato e la consecutio temporum.
Una rubrica a puntate a scadenza pseudo-casuale.


1 – L’imperfetto.

Spesso, nella stesura di romanzi e racconti, gli autori decidono di utilizzare il passato quale tempo della narrazione. Le motivazioni di questa scelta possono essere molteplici e spesso molto personali. In questa sede diciamo solo che, normalmente, il passato risulta più facile da gestire rispetto al presente, consentendo tra l’altro un più agevole intervento del narratore.

L’italiano è una lingua particolarmente ricca dal punto di vista della coniugazione verbale, con un’organizzazione stratificata di modi e tempi verbali che, seguendo le regole della consecutio temporum e quelle proprie dell’analisi logica e del periodo, consentono di comunicare al lettore una gran quantità di informazioni: l’esatto susseguirsi degli eventi, la loro durata e la loro natura (“puntuale” o “continuativa”). Il tutto sempre nel rispetto di una ben precisa musicalità della parola e del periodo (nel senso che quando leggiamo una frase che suona un po’ male, spesso ciò è derivato da qualche errore lessicale o grammaticale. Da qui l’importanza di coltivare il proprio orecchio! NdR).




In questo primo appuntamento tratterò alcuni aspetti generali e l’uso dell’imperfetto. La prossima volta esaminerò l’uso del passato prossimo (e dei tempi ad esso collegati) e dell’uso combinato dei vari tempi.

Come ci hanno insegnato a scuola, la coniugazione verbale italiana conta numerosi modi ed ancor più numerosi tempi, organizzati secondo il classico schema:


In questo mi limiterò al solo modo indicativo. Più di qualche volta mi è capitato di leggere testi, spesso di autori emergenti, in cui la concatenazione dei tempi verbali segue pedissequamente l’ordine PRESENTE – IMPERFETTO – PASSATO PROSSIMO – PASSATO REMOTO – TRAPASSATO PROSSIMO – TRAPASSATO REMOTO, assumendo che ognuno di questi serva a narrare un episodio avvenuto in un momento più vicino al presente rispetto a quello proprio del tempo seguente. Volendo vederla al contrario, il presente è l’oggi, l’imperfetto un po’ di tempo fa, il passato prossimo è ancora un po’ più distante, ecc. Questa visione dei rapporti tra i vari tempi verbali è assolutamente errata e può creare confusione nella percezione della concatenazione degli avvenimenti da parte del lettore.

I tempi del passato di possono raggruppare in due gruppi: i tempi “indefiniti” (imperfetto) e i tempi “finiti” (passato prossimo, passato remoto, trapassati). E’ solo all'interno di quest'ultimo gruppo che trova applicazione la gerarchia temporale sopra descritta (ciò che viene descritto al passato remoto è avvenuto prima di quello che viene narrato al passato prossimo, ecc.).

L’imperfetto serve a descrivere un’azione avvenuta in un momento indefinito del passato e che ha protratto nel tempo i suoi effetti, eventualmente ancora presenti. Dire che “Maria pensava alle vacanze” ci dice che Maria, in un momento non specificato nel passato, sicuramente stava pensando alle vacanze, ma non sappiamo se ha portato a termine questa azione, per quanto tempo l’azione è durata, se è stata interrotta, se è giunta a qualche conclusione, ecc. Sappiamo solo che stava pensando alle vacanze. Punto. Questa situazione di indeterminatezza può essere parzialmente ovviata mediante l’inserimento di espressioni o avverbi temporali, come si usa nel cosiddetto imperfetto narrativo: “Due ore fa Maria pensava alle vacanze”. L’espressione è ancora indefinita, ma consente comunque un certo grado di collocarne nel tempo almeno l’inizio.

L’imperfetto può venir usato con funzione continuativa o ripetitiva, comunicando quindi al lettore non il momento in cui una certa azione si è concretizzata, ma che essa viene (o è stata) ripetuta o continuata. Ecco alcuni esempi: “Maria pensava alle vacanze quasi ogni giorno”; “Maria le telefonava ogni due ore”; “Maria ritirava la pensione ogni dieci del mese”.

Una delle principali caratteristiche dell’imperfetto è quella di poter esprimere simultaneità rispetto ad un avvenimento del passato. Un esempio vale più di mille spiegazioni: “Maria pensava alle vacanze mentre fumava”. Questa proprietà è molto importante e dev’essere tenuta ben presente da ogni aspirante scrittore.

La teoria individua e classifica altre modalità di utilizzo dell’imperfetto e ne rileva ulteriori valenze, sia aspettuali che temporali, molte delle quali vengono spesso normalmente utilizzate o conosciute senza aver magari coscienza del fatto che qualcuno si è preso la briga di catalogarle e di teorizzarne l’uso. L’approfondimento di questi aspetti non è però l’obiettivo di questo post; chi volesse approfondire l’argomento può facilmente trovare in rete molti siti autorevoli che trattano in maniera più esaustiva l’argomento (Treccani, l’immancabile Wikipedia, ecc.).

Quanto detto vale, in parte, anche per il trapassato prossimo, tenendo presente che esso si usa per episodi avvenuti precedentemente a quelli descritti all’imperfetto: “Maria pensava con rimpianto a quando era stata in vacanza.” In certi casi, usato nelle secondarie temporali, esso può svolgere le funzioni dell'imperfetto (senso di contemporaneità e di durata) riferito al passato: "Durante i tre mesi in cui era stata in vacanza le andò a fuoco la casa, le rubarono la macchina e Lucia ricominciò a fumare: una tragedia dietro l'altra."

La prossima volta parleremo del passato prossimo (e del passato remoto e dei trapassati) e dell’uso combinato dei due (imperfetto e passato prossimo), con uno sguardo sui reciproci rapporti.

1 commento:

  1. Davide... sei come la mia prof. di italiano delle superiori... Di cognome si chiama Pesante. Hahaha! Aspetto la seconda puntata.

    RispondiElimina