martedì 4 marzo 2014

Luna

Luna

Data di pubblicazione: settembre 2012
Lunghezza: 143.130 parole
ISBN (Smashwords): 978-13-015-19231

Luna nacque in una notte molto particolare, una notte importante. Importante per tutte le Famiglie, per tutti i Mondi. Non era infatti solo la vigilia del giorno in cui suo padre Ledon, generale dell’esercito di Deos, avrebbe condotto le truppe riunite di tutte le razza libere alla battaglia decisiva contro Cron: le stelle indicavano che quella notte sarebbe nata la prescelta. Di tutto ciò però Narciso non conservava alcun ricordo conscio. La sua vita, la sua famiglia, il suo lavoro non avevano assolutamente nulla al di fuori dall’ordinario. Gli unici momenti fuori dagli schemi erano quelli passati con Ares, un amico che si dilettava a dipingere paesaggi fantastici, ma incredibilmente vicini a quelli che lei spesso vedeva nei suoi sogni. Fu in maniera brusca quanto improvvisa che un uomo, incontrato apparentemente per caso, le disse che l’ora era giunta, che doveva tornare, ricordare, abbandonare tutto, uccidere Narciso e far risorgere Luna. Le parole dell’uomo, lacerandola dentro, riuscirono alla fine a convincerla a tornare a Solamia, il continente su cui era nata in un altro tempo, in un altro mondo. Il ritorno non fu però affatto piacevole: la grande Deos, di cui le aveva parlato l’uomo, era in rovine, così come il resto di quella terra, caduta sotto il giogo di Cron. Cominciò a questo punto per Luna un difficile percorso alla riscoperta di sé stessa, dei suoi poteri e della sua coscienza. Ad aiutarla in questa impresa ci sarà Arat, un giovane guerriero conosciuto tra i sopravvissuti alla guerra, ed un gruppo di “eroi” ed “antieroi” che si unirono a loro strada facendo.

Questo è il libro di Francesca che preferisco. Si tratta di un fantasy auto-conclusivo "vecchio stile", lontano dai cliché Tolkeniani (che all'epoca, quasi 20 anni fa, l'autrice non conosceva - NdR) e caratterizzato da una trama molto complessa. E' anche un romanzo di crescita personale che viene maturata nel corso del viaggio della protagonista, ma tutto è funzionale alla storia, le cui fila verranno tirate nel finale assolutamente originale. Da amante del fantasy classico (no Young Adult, per capirsi), ve lo consiglio di cuore.

Potete trovare questo racconto su SmashwordsAmazoninMondadoriiTunes di Apple e molti altri store on-line. Potete trovare informazioni su tutti i libri di Francesca sul sito La Casa di Francesca.

Nel seguito del post potete leggere l'inizio del romanzo. Buona lettura!




Luna


CAPITOLO 1

"Guarda che cielo." disse l'uomo guardando fuori dalla finestra. Lo aveva sussurrato, quasi temesse di disturbare qualcuno; ma era solo in quella stanza. Lo sguardo si perse in quel cielo grigio e l'uomo cominciò a pensare. 'Chissà come sta Lòren. E la bambina? Oppure sarà un maschietto! Vorrei esserle vicino in questo momento così delicato... Che schifo di guerra.'
Ledon prese a guardare il cielo che fino a quel momento aveva fissato senza vedere. Delle grosse e dense nubi si spostavano velocemente, spinte dai venti che dalla Caabia si dirigevano verso Ovest, fino a raggiungere Aruni. Si era ormai nel pieno della Stagione delle Tempeste e sembrava che di lì a poco se ne sarebbe scatenata una di grandi dimensioni.
Ledon riusciva ancora a vedere il luccichio di qualche stella, mentre la luce della luna era già stata spenta dalla pesante coperta di nuvole cariche di pioggia. Ancora una volta il suo pensiero andò a Lòren, ma la rivide come in quella notte stellata, quella in cui si conobbero in riva a quel lago: 'dov'era?' Non se lo ricordava più.
"Se sapesse che non ricordo più dove ci siamo incontrati per la prima volta... che scenate farebbe." Continuava a parlare da solo, mentre anche le ultime stelle soccombevano dietro la coltre tempestosa.
"A volte vorrei essere un uomo comune per non avere tutte queste responsabilità, per essere libero di assistere mia moglie durante il parto. Forse no. Io amo i miei doveri e le mie preoccupazioni almeno quanto amo lei."
I fulmini incendiarono l'aria e pareva che legassero il mantello scuro del cielo al mare nero. L'atmosfera era scossa dai tuoni e dal vento che fischiava passando tra le strette torri della postazione di Aruni. I forti e veloci candù, al riparo nel cortile interno, percepivano l'aria farsi pesante ed elettrica; Ledon li sentiva strattonare le briglie e stringere nervosamente i morsi. Cominciarono a scendere le prime gocce che poi si fecero sempre più fitte.
La pioggia scrosciava sulla finestra e sembrava che riuscisse a spaccare il vetro, tanta era la violenza con cui veniva spinta dal vento.
Le gocce scendevano dolcemente invece sul viso di Ledon seguendo le piccole rughe intorno agli occhi: 'chissà perché chi ha tanti pensieri invecchia così in fretta.' A Lòren erano sempre piaciute quelle piccole crepe sul volto del suo sposo: continuava a dire che gli donavano un'aria interessante. Lei trovava affascinante anche quella cicatrice che gli tagliava lo zigomo e che saliva fino a dividere in due il sopracciglio sinistro. Ledon aveva rischiato di perdere l'occhio in quello stupido duello .
"Sbagli di un giovane troppo passionale." Così Lòren aveva giustificato l'accaduto. Era proprio innamorata.
"Ed io ti amo per come mi ami tu." Le aveva detto una volta, strappandole una lacrima illuminata da un sorriso.
La tempesta ormai si era scatenata e anche il turbamento che era nato nel suo cuore non accennava a smettere. Le lacrime continuavano a bagnare l'occhio grigio come il metallo che lo colpì e l'occhio verde come i prati dell'Ausolia... 'Ecco! Fu lì che ci incontrammo, sulla riva del lago Sonders.' Ledon lasciò scendere il bruciante ghiaccio salato fino al collo, anche se la sensazione di umido lo irritava.
"Perché sto piangendo?" Si guardò intorno con la vista ancora appannata. "Perché gli uomini si domandano perché piangono?"
La stanza buia era semivuota: un lungo scaffale pieno di carte arrotolate, documenti, messaggi; una grande scrivania ed una poltrona larga e comoda.
Una stanza fredda come lui, guerriero di ghiaccio impegnato in battaglie tattiche al comando di soldati di piombo su un campo di carta. Anche lui avrebbe voluto lottare nelle battaglie disumane, ascoltando l'assordante vociare delle armi straniere e il clangore del vento nei campi di battaglia. Ma ognuno aveva un posto nella guerra e quello era il suo.
C'era un caminetto a riscaldare l'ambiente ma a lui non bastava. Il fuoco era vivo e ardente, ma lui sentiva freddo. Ledon allora aggiunse un grosso legno che incominciò subito a bruciare; la fiamma cambiò di forma e mutò la danza sulle braci nere.
Il calore così sprigionato bruciava il viso dell'uomo, che socchiuse gli occhi e sorrise dimenticando chi fosse. Improvvisamente aprì gli occhi, di scatto, come se l'avessero chiamato da un sonno profondo. Fissò il balletto del fuoco per trovare la fonte di quel richiamo. Le fiamme si riflettevano nei suoi occhi e la mente incominciò a vagare seguendo il ritmo del ballo infuocato. E incominciò il suo 'volo'.
Ledon vide la sua sposa, Lòren, in una grotta le cui pareti erano incrostate di cristalli trasparenti, ma che colpiti dalla luce da lei stessa irradiata risplendevano di mille colori. Il viso di lei grondava sudore e i delicati lineamenti erano abbruttiti da una smorfia di dolore. Lui era lì, con lei, avrebbe voluto aiutarla, ma poteva solo guardare. Non poteva fare nulla. Poi un grido, era Lòren che gridava come se gli si fosse squarciato il cuore. Un altro grido, ma diverso dal primo. Lei aveva le labbra serrate. Una luce rossa, abbagliante, poi la rivide con più chiarezza: Lòren aveva il viso rilassato, gli occhi chiusi e una lacrima le scorreva solitaria sulla guancia.
Ledon sentì un peso sulla spalla e, subito dopo, del calore come se vi si fosse posato un tizzone ardente; si guardò la spalla e vide una mano. Quando si voltò completamente vide la scrivania, la poltrona, la finestra, la tempesta. Era il suo appartamento nella postazione di Aruni, sulle coste del Mare di Savra. Al suo fianco il giovane soldato assegnato al suo servizio lo guardava con gli occhi sgranati.
"Comandante!"
Evidentemente era lì da diverso tempo, doveva aver cercato di svegliarlo da quello strano sonno più volte perché quella parola veniva pronunciata dal ragazzo con voce tremante. Solo allora il comandante Ledon Adram si rese conto di aver 'volato' e capì che stava spaventando quel giovane con i suoi occhi arancio e la lacrima di sangue. Si rialzò di scatto e si voltò verso il caminetto, chiudendo gli occhi. Quando rivolse nuovamente lo sguardo al soldato i suoi occhi erano fermi e decisi, in qualche modo anche rassicuranti nella loro normalità.
Questo scosse il ragazzo che si rianimò, un po' imbarazzato per essersi spaventato inutilmente: sapeva che il comandante era un Deoscuridiano e che, come tale, aveva il potere di 'volare'.
Ledon Adram sedette sulla poltrona dietro la grande scrivania dopo aver risposto al saluto militare. [...]

2 commenti:

  1. Grazie, tesoro, di aver fatto il post sulla mia 'primogenita'.

    RispondiElimina
  2. Scusa se vado 'off topic', Davide: più avanti preparerò una nuova antologia tematica di racconti noir come 'Note in nero' (che come tema aveva la musica); tu avresti preferenze per il tema da trattare? Accetto suggerimenti.

    RispondiElimina