giovedì 30 gennaio 2014

La Discesa

La Discesa

Data di pubblicazione: settembre 2012
Lunghezza: 7.150 parole
ISBN (Smashwords): 978-14-764-72706

Nella tranquilla routine di un addetto alla sorveglianza notturna della metropolitana di una grande città si intromette un misterioso Barbone intento a disegnare in terra e sui muri dei cerchi perfetti con del gesso. Osservandolo attraverso gli occhi delle telecamere di sorveglianza ha così la possibilità di assistere alle sue strane peripezie notturne...

Spin-off del romanzo-raccola "IL CERCHIO".

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Nel seguito del post potete leggere l'inizio del racconto. Buona lettura!




La Discesa

Il vagone della metropolitana sul quale viaggiava lo stava velocemente accompagnando al lavoro. Era un semplice addetto alla sicurezza della metropolitana stessa: il suo compito era quello di osservare attraverso diversi monitor le immagini catturate dalle numerose telecamere a circuito chiuso posizionate lungo tutta la rete di trasporto che si intersecava nel sottosuolo della città.
Alcune di queste telecamere erano collocate a livello del piano stradale, per inquadrare gli ingressi che dalla superficie scendevano ai tre livelli sotterranei della metropolitana. Altre erano sistemate nelle gallerie attraverso le quali scorreva il traffico suburbano ed erano state attivate soprattutto per una questione di sicurezza per gli operai che avevano accesso ai binari e per controllare i punti meno accessibili in caso di uno sfortunato incidente. Ma la maggior parte delle telecamere erano puntate verso i punti nevralgici dell'intera struttura: le stazioni.
La più controllata era la fermata del Duomo. Era anche la più grande e, soprattutto, la più trafficata. Tutte e tre le linee di trasporto si intersecavano proprio in quel punto, anche se a tre livelli diversi.
La Linea 1 (verde) correva subito sotto il piano stradale, le sue vetture si muovevano da ovest verso est per poi cambiare direzione proprio a livello della stazione del Duomo puntando direttamente verso la zona nord della città.
La Linea 2 (blu) aveva i binari al secondo piano interrato. Anche questa formava una "L", invertita e rovesciata rispetto alla Linea 1: prima saliva da sud a nord e poi ripiegava verso est. Incontrava la Linea verde in due punti: la stazione Duomo e quella vicino al Museo.
Infine c'era la Linea 3 (gialla) i cui binari scorrevano a livello -3. Tagliava come una linea obliqua la città, scendendo da nord-ovest fino a sud-est e passando per il cuore della metropoli.
Quello non era il lavoro migliore al quale poteva ambire e certamente non era il primo nella lista delle sue preferenze, ma era quello che aveva trovato. Passava otto ore al giorno di fronte ad una decina di video che proiettavano solo immagini in bianco e nero: le inquadrature erano statiche e riuscivano ad inscatolare il mondo solo una porzione alla volta, ma in quella ristretta fetta di spazio definita dai pixel transitavano diversi universi.
Attraverso le telecamere poteva osservare gli uomini d'affari che si avviavano al lavoro con passo frenetico e con l'orecchio già collegato con l'ufficio tramite l'auricolare del telefonino, i ragazzi che andavano a scuola, le donne che si recavano in centro, i turisti sempre muniti di mappa della metropolitana.
Oppure scopriva i borseggi ed i piccoli illeciti che il sottosuolo prometteva di nascondere agli occhi della città ma che venivano rivelati dalle telecamere nascoste.   
Lui era sempre collegato con gli uomini e le donne del servizio d'ordine che pattugliavano atri e gallerie: gli bastava comunicare con  loro per indirizzarli verso quella o quell'altra zona dove era necessario un intervento. Lui era l'occhio che individuava l'obiettivo e loro il braccio che lo raggiungeva.
Ovviamente non tutto era semplificato dalla sofisticata tecnologia che lo circondava, la sua sensibilità del tutto umana era determinante per la buona riuscita dell'incarico che si era assunto. E forse era proprio perché ogni giorno sviluppava ed affinava questa sua abilità che, quasi senza rendersene conto, aveva cominciato ad intuire molto più di ciò che la sola logica poteva dedurre dalle immagini che l'occhio osservava.
Non avrebbe saputo determinare il momento in cui le immagini a due dimensioni che vedeva sullo schermo avevano mutato di profondità ed erano andate ad invadere lo spazio della sua mente. Ma la cosa importante è che ciò avvenne, e da quel momento nulla di quello che riusciva ad osservare aveva più lo stesso significato.
Nonostante non ci fossero microfoni collegati al sistema di sorveglianza, lui aveva acquisito la facoltà di 'udire' ciò che accadeva al di là della telecamera. Le figure che apparivano sugli schermi di vetro si mostravano a lui senza falsità perché non erano consapevoli di essere osservate: così era facile per lui ipotizzare di cosa stessero parlando quei due uomini vestiti con lo stesso abito scuro racchiusi nel video n°5 o supporre il caos che fuoriusciva dal gruppo di studenti ripresi dalla telecamera n°27. Certamente se lo avesse confessato ad uno dei suoi colleghi, questo avrebbe obiettato che le sue erano pure congetture, ma lui cercava di basarsi su fatti certi, sull'immagine delle persone che traspariva attraverso il video, sulla loro postura, sul loro modo di guardare e di muovere le mani. Non cercava certo di ricostruire la realtà ma sperava di riuscire a capire più di quanto non potessero fargli vedere le fredde ed impersonali riprese delle telecamere. Oppure era semplicemente un gioco per far scorrere il tempo, che quando è silenzioso diventa anche più pesante. [...]

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