domenica 27 aprile 2014

L’uso dei tempi nella narrativa 3

L’uso del passato e la consecutio temporum.
Una rubrica a puntate a scadenza pseudo-casuale.


3 – L'uso combinato dell'imperfetto e dei tempi perfettivi.

Come già annunciato le volte scorse, in questo terzo appuntamento parleremo un po' di come si possono usare l'imperfetto (tempo "indefinito") e gli altri tempi del passato all'interno della narrazione.

Quando si scrive un racconto o un romanzo in cui si parla di avvenimenti avvenuti nel passato, immancabilmente ci si deve confrontare con la necessità di dare un ordine a questi eventi, così da permettere al lettore di ricostruire in maniera corretta la situazione. Nel far questo è molto importante non sbagliare i tempi verbali, altrimenti, oltre a suonare male all'orecchio del lettore, si rischia di indurlo in errore.

La prossima volta parleremo brevemente dell'uso del presente storico e del suo rapporto con gli altri tempi del passato.






Nella prima puntata di questa rubrica visto come "[...] l'imperfetto sia un tempo indefinito e continuativo: esso cioè non chiarisce né il momento preciso in cui un'azione è avvenuta, né se essa si sia conclusa o se perduri nel suo svolgimento o nei suoi effetti. Esso inoltre consente di esprimere la simultaneità di eventi nel passato [...]".

Nella seconda puntata abbiamo invece chiarito come il passato prossimo e gli altri tempi del passato siano invece tempi definiti e conclusivi (perfettivi). Essi cioè esprimono un'azione che si è svolta in un preciso momento nel passato è che si è conclusa: "Maria ha pensato alle vacanze e ha fumato".

L'imperfetto e gli altri tempi passati possono tranquillamente essere usati all'interno dello stesso periodo, avendo l'accortezza di rispettare la consecutio e i valori aspettuali dei tempi finiti. "Maria ha fatto il bucato, poi telefonò a Lucia" rappresenta un uso errato dei passati; "Maria ha fatto il bucato e poi ha telefonato a Lucia" o "Maria fece il bucato e poi telefonò a Lucia" sono invece corrette.

Per descrivere delle azioni che si sono svolte contemporaneamente, ma di cui una o più hanno avuto durata indefinita o collocazione incerta mentre le altre sono concluse e distinte tra di loro, ecco che si usa una combinazione dei vari tempi verbali. "Mentre pensava alle vacanze, Maria fumò una sigaretta." Le due azioni si sono svolte contemporaneamente ed anzi, a livello temporale, una (l'azione finita) è contenuta all'interno dell'altra (l'azione perdurante all'imperfetto). "Mentre girava per casa e pensava alle vacanze (azioni contemporanee e indefinite), Maria fumò un sigaretta, mise sul fuoco la teiera e accese la televisione (serie di azioni distinte, puntuali e concluse)".

All'interno di un racconto vi è poi, a mio avviso, una ben chiara distinzione "funzionale" dei tempi utilizzati. Se all'interno di un racconto vi è compresenza di imperfetto e di altri tempi passati, spesso si possono individuare chiaramente i reciproci rapporti. L'imperfetto e il trapassato prossimo, quale tempo in grado di esprimere anteriorità rispetto ad esso, sono spesso i tempi del raccontato, della narrazione "in generale" e descrivono azioni i cui contorni sono sfumati nel tempo. Essi possono cioè venir utilizzati per dare al lettore una visione generale degli avvenimenti della storia vista attraverso gli occhi e la memoria del narratore. Il passato prossimo o, più spesso, il passato remoto, è invece il tempo "delle cose specifiche", se così possiamo dire. Nel momento in cui il narratore comincia a raccontare un avvenimento preciso, definito e finito, ecco che abbandona l'imperfetto. "Maria camminava soprappensiero e ripensava a quando aveva incontrato Marco per la prima volta. Era stata un giornata strana, quella: lui le venne incontro, le offrì da bere e le raccontò la barzelletta più stupida che avesse mai sentito. Due ore dopo si erano fidanzati." Ovviamente si sarebbe anche potuto usare il trapassato prossimo, ma la sfumatura, anche a livello di ritmo della lettura, è leggermente diversa. In definitiva, sta sempre nella sensibilità dell'autore scegliere se usare una forma o l'altra, avendo però sempre presente cosa si vuole dire, come lo si vuole dire e quale si vuole sia l'effetto sul lettore, sia a livello di ritmo che di musicalità.

Anche per questa volta penso che possa bastare. Se avete qualche domanda, approfittate pure e chiedete: sarà una buona occasione anche per me per approfondire e magari rendermi conto che sto sbagliando. Alla prossima!

7 commenti:

  1. Questo articolo mi ricorda una certa discussione (tra me e te) su un certo romanzo (il mio)... un editing molto travagliato. Che è però giunto a buon fine.

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  2. Una trattazione chiara e interessante. Una rubrica utile.

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    1. Grazie Romina!

      Fa sempre piacere l'apprezzamento di qualcuno che "opera" nel settore già da molto tempo!

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  3. Bell'articolo, sicuramente preciso. Se penso però al patto con il lettore che una narrazione deve creare, il racconto di un evento accaduto raccontato con i tempi del passato ne risulta indebolito: tutto è accaduto, nessuna conseguenza può esserci nel presente. Meglio un narratore che nel presente racconta quello che successe... la dimensione risulta più viva, aleatoria, passibile di evoluzioni che non sono prevedebili nè dalla voce narrante nè dal lettore.
    Forse..
    GD

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    1. Benvenuto Giorgio e grazie per i complimenti e per il commento.

      Certo la scelta di usare il passato o il presente in un racconto dipende molto dal singolo autore o da ciò che si vuole narrare. Personalmente io ho scritto racconti usando entrambe le soluzioni, a seconda dell'effetto che volevo ottenere e della scelta del punto di vista narrante che volevo utilizzare.

      In generale però non credo che una scelta o l'altra possano di per sé stesse rafforzare o meno i legami con il lettore; la cosa penso dipenda molto di più dalla natura dell'evento narrato e dal modo in cui lo si racconta. Inoltre è difficile che nessuno dei fatti raccontati abbia radici che affondano in un passato più o meno distante. Se comunque si predilige l'uso del presente, si può sempre optare per il presente storico (su cui appena ho un attimo cercherò di scrivere qualcosina).

      Il punto fondamentale, almeno per me, è che comunque, qualsiasi sia la scelta operata, essa venga seguita con coerenza e correttezza sintattica. Siccome molte volte mi è capitato di leggere testi "nuovi" in cui mi sono trovato di fronte a incongruenze nell'uso dei tempi passati, ecco che mi è venuto in mente di mettere su questa mini-rubrica (senza aver la pretesa di insegnar niente a nessuno, per carità). Detto questo, l'autore può anche scegliere coscientemente di usare una forma apparentemente scorretta per motivi stilistici, musicali o di altro tipo: l'importante è che lo faccia coscientemente e non perchè non si rende conto di scrivere scorrettamente.

      Ti ringrazio di nuovo e ti saluto.

      Alla prossima

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